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Barcellona, capitale europea della riproduzione assistita

(Questo articolo fu pubblicato da www.donnecheemigranoallestero.com nel magggio 2017).


Da tutto il mondo le persone si recano qui per il clima, il mare, le feste, gli eventi culturali e quant’altro questa città possa offrire.
Pochi sanno che una buona percentuale del turismo barcellonese risale anche ad un altro fattore: ogni anno circa 20.000 persone vengono in Catalogna per “turismo sanitario”, e tanti arrivano proprio a Barcellona.
Barcellona è infatti all’avanguardia e conta sulle tecniche e sui laboratori più avanzati del settore.
Inoltre, la maggior parte di loro sono italiani.
Perché? Perché in Italia fino a maggio 2016 era quasi impossibile accedere ad un trattamento di RA.

Mi ricordo che a 25 anni scrissi un articolo sulla legge 40/2004.

La legge 40 era una legge obsoleta, bigotta, che vietava la Fecondazione eterologa (cioè il poter ricorrere al seme o agli ovuli di donatori) e permetteva la Fecondazione omologa solo alle coppie eterosessuali, escludendo quindi le donne single e le coppie omosessuali.
Inoltre, vietava la Diagnosi genetica preimpianto e la congelazione degli embrioni.
Vorrei aggiungere, a titolo informativo, che gli embrioni crioconservati e abbondanti in Italia sono 3.862 secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità (Iss), e non si sa quanti siano quelli non impiantati perché affetti da gravi patologie.




Nell’aprile 2014 c’è stato invece un grande cambiamento (dopo il fallimento di quattro referendum abrogativi).
La Corte Costituzionale si è espressa in materia di fecondazione assistita, permettendo la fecondazione eterologa, il congelamento degli embrioni e la diagnosi genetica preimpianto.

Attenzione, però: solo chi è legalmente sposato o coppia di fatto può realizzarli e sappiamo invece che c’è una grande fetta di persone che non solo non sono sposate, ma che sono donne single o coppie lesbiche.
Oltre a ciò, le tecnologie non sono avanzate e non esiste una buona sensibilizzazione sulla donazione di sperma e di ovuli, soprattutto.
Fatto sta, quindi, che anche le coppie che soddisfano tutti questi requisiti in Italia hanno difficoltà a reperire una donatrice, o comunque non si fidano e preferiscono ricorrere a medici e a cliniche più specializzate e più esperte.
Inoltre, c’è sempre da considerare che chi decide di intraprendere questo percorso viene sottoposto non solo a forti trattamenti ormonali, ma anche a stress psicologici ed in Italia non è detto che il percorso vada liscio.
Ancora: come italiana e da quasi quarantenne, so cosa vuol dire ottenere un buon lavoro in Italia che ti permetta di fare progetti a lungo termine, con un contratto ed uno stipendio sostenibili: un evento quasi impossibile.
Alla fine gli anni passano ed i tempi si prolungano, così tanto che, alla fine, una donna arriva a 40 anni senza neanche rendersene conto ed ha bisogno di una donatrice perché i suoi ovuli non sono più buoni.
Durante il piccolo studio che intrapresi per redigere tale articolo, mi resi conto che la Spagna era all’avanguardia in Europa e che Barcellona era la sede di molte cliniche rinomate e famose che ottenevano risultati positivi e confortanti.
Ed infatti eccole qua: orde di italiani che si rifugiano nella città di Barcellona per farsi una “vacanza” e rimanere incinti!
Ma non solo loro… vengono da tutto il mondo, anche da Russia, Stati Uniti, Australia (dove il problema è la mancanza di donazione di ovociti). E perché?

Perché la Spagna è il Paese che a livello legale permette di effettuare qualsiasi tipo di trattamento, tecnica di selezione dei migliori embrioni, o spermatozoi o ovociti, e non pone nessun limite: coppie lesbiche, donne single, coppie “non regolamentate”, tutti possono venire qui e affrontare questo percorso.

La Spagna non pone limite di età: questa è a discrezione di ogni Clinica.

Il solo trattamento vietato è la Surrogacy, ossia l’affitto del ventre.
Per il resto, l’unica proibizione riguarda i donatori e le donatrici.
Difatti la donazione è anonima, i donatori vengono scelti dai medici e si possono conoscere solo le caratteristiche fisiche (colore degli occhi e della pelle, altezza), l’età, la razza; niente di più.
Ovviamente non si potrà risalire ai genitori biologici.
Si tratta di un limite? Non è detto: molte coppie vengono qui proprio perché non vogliono che il loro futuro bambino/bambina possa scoprire chi erano padre o madre biologici.
Di seguito, un piccolo esempio delle differenze nei principali paesi europei, senza approfondire sulla congelazione degli embrioni e sulla diagnosi genetica preimpianto.

Austria:

è ammessa la RA sia per le coppie sposate o conviventi, ma non per le donne single. Inoltre, è ammesso l’accesso ai dati del donatore.


Francia:

la legge del 1994 stabilisce che solo le coppie sposate o conviventi da almeno due anni possano accedere alla RA. I componenti della coppia inoltre devono essere entrambi in vita. Sono ammessi trattamenti di RA con donatore solo quando la procreazione assistita all’interno della coppia non abbia avuto successo.

Germania:

la legge del 1990 ammette l’inseminazione omologa ed eterologa solo per le coppie sposate. La fecondazione in vitro è ammessa solo se omologa.

Gran Bretagna:

la legge del 1990 consente sia la fecondazione omologa che eterologa a coppie sposate o conviventi e a donne single. Sì ai dati dei donatori.

Norvegia:

possono accedere alla RA le coppie sposate o conviventi in maniera stabile. La Fecondazione eterologa è ammessa solo quando il marito o il convivente della donna sia sterile, o se si è in presenza di una malattia ereditaria.

Svezia:

è ammessa l’inseminazione omologa ed eterologa per le coppie sposate o conviventi. Non è ammessa per la donna single. La fecondazione in vitro è ammessa solo con il seme della coppia, che deve essere sposata o convivente.
Questi sono dei brevi esempi, ma va da sé che la Spagna, che non pone limiti alcuni e dove il trattamento si può iniziare da subito e il personale è ultra-formato sul settore, diventi così la capitale europea con i tassi di successo più alti tra i paesi che offrono trattamenti di RA.

Perché so tutto questo? Perché ci lavoro.


Direi che questo è il classico caso in cui il lavoro ha scelto me; io neanche immaginavo che ci fossero possibilità lavorative a Barcellona in questo settore e, soprattutto, volevo lavorare nel ramo culturale.
Quando sono arrivata a Barcellona avevo solo pochi risparmi, così mi sono dovuta adattare in fretta.
Non potevo prendermela comoda o approfondire la conoscenza di un settore per entrarci dentro e poi, pian piano, lavorarci o mettermi a studiare catalano. Dovevo lavorare il prima possibile.
Confrontandomi con chi già si era scontrato con il mondo del lavoro per gli stranieri, mi son trovata davanti a varie difficoltà: prima fra tutte, la lingua.
Qui parlano catalano, punto.
Nei posti di lavoro che più si addicevano alle mie esperienze lavorative passate, vale a dire cultura, ONGs, associazioni per i diritti delle donne, si richiedeva la conoscenza del catalano e mi sono ritrovata spiazzata davanti ad una problematica a cui non avevo mai pensato: io non lo parlavo.
Ho iniziato facendo tutto ciò che trovavo finché, un giorno, un amico mi ha avvisata di un’offerta di lavoro che, diceva, “fa per te!”. Era in una Clinica di fecondazione in Vitro. Clinica di fecondazione in Vitro? E chi ci aveva mai pensato!
Ho fatto il colloquio il giorno dopo. E il giorno dopo ancora lavoravo in una delle Cliniche più rinomate di riproduzione assistita della Spagna.
E’ stato allora che ho scoperto un mondo.
Qui è come lavorare dentro un libro di Philip Dick, nel futuro fantascientifico, in cui ogni giorno imparo qualcosa di nuovo e di interessante, che non avrei mai conosciuto da sola.
Ogni giorno parlo e scrivo in quattro lingue; ogni giorno sono a contatto con coppie o persone di tutto il mondo che mi raccontano in breve la loro piccola storia.
Adoro conoscere le storie delle persone.
Sin da quando ho cominciato a lavorare nei “paesi in via di sviluppo” (mi dissocio da tale definizione, ma così vengono chiamati nel gergo comune), ascoltavo le storie di chi aveva vissuto situazioni drammatiche e davvero sconcertanti, nonché interessanti.
Lo ho sempre considerato un arricchimento, che mi ha colmato l’anima e fatto sempre sentire più fortunata di quello che questa società capitalista e consumista tiene a farci sentire: sempre privi di qualcosa.

Sono una International Patient Assistant: in che consiste?

Oltre a tradurre vari documenti, blogs, etc., il mio ruolo principale è offrire prime informazioni a chi ci contatta per email o per telefono e stare con i pazienti quando vengono di persona, accompagnandoli alla prima visita con il medico, oppure a fare il transfert embrionario, le analisi, il pick-up ovocitario.
L’unica cosa che devo fare è tradurre o parlare con loro, ed intrattenerli in un momento molto delicato delle loro vite.
Requisiti richiesti: parlare più lingue possibile, essere empatici ed avere grandi e soprattutto rapide capacità organizzative e di problem solving.
Molte volte devo trattenere le lacrime che sgorgano da sole, quando mi raccontano quanto sia stato difficile o quando mi inviano foto del loro bambino dopo un trattamento ben riuscito.

È un lavoro bellissimo, che non mi sarei mai aspettata di fare.

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